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Agricoltura sociale: mettere in campo risorse e relazioni

21 Novembre 2020

Prendete la parola agricoltura e aggiungete l’aggettivo sociale, cosa ne viene fuori? Un bel connubio tutto da approfondire.

Il concetto di agricoltura sociale, è così ampio e recente che non esiste una definizione univoca: possiamo dire che è un’attività che intreccia l’utilizzo delle risorse della terra, attraverso processi produttivi a basso o nullo impatto ambientale, con la valorizzazione e l’inclusione delle persone a rischio di esclusione sociale.  Ma non è solo questo, è molto di più: si tratta di una prassi di sviluppo locale che parte dal concetto di multifunzionalità dell’agricoltura e che offre un’ampia gamma di servizi finalizzata al benessere dell’intera comunità.

Il termine agricoltura sociale nasce alla fine degli anni Novanta in Olanda per indicare un nuovo modello di agricoltura, in cui i frutti raccolti non sono solo quelli concreti nati dalla terra, ma anche i benefici che l’atto di prendersi cura della terra genera per la salute mentale e fisica delle persone coinvolte e della comunità. 

E la cosa bella è che per fare agricoltura sociale basta avere alcuni ingredienti fondamentali: un terreno e il desiderio e l’impegno di valorizzare le persone e l’ambiente. Nella pluralità di esperienze nate fino ad ora, che in Italia si attestano a circa mille, non ci si può riferire ad un unico modello, possiamo infatti contare esempi avviati da soggetti diversi, come ad esempio aziende agricole, cooperative sociali, comunità terapeutiche; attività svolte diversificate come ad esempio attività agricole, di floricoltura, di riabilitazione all’interno di ospedali psichiatrici e ancora, destinate a diverse tipologie di beneficiari, come ad esempio migranti, pazienti psichiatrici, detenuti, ex-detenuti.

Non solo, l’intera comunità può trarre vantaggi da questo nuovo modello: ne beneficiano i lavoratori svantaggiati, attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro e l’apprendimento di nuove mansioni che comprendono, talvolta, un reddito percepito, e ne beneficia la comunità locale, grazie a una maggiore opportunità occupazionale che migliora la qualità della vita e dell’ambiente nelle aree rurali.

L’app di Mercato Circolare raccoglie alcune di queste attività agricole dislocate nel territorio nazionale. Qui di seguito vogliamo raccontare alcuni esempi.

Cosepbio, progetto di agricoltura biologica della Cooperativa sociale Cosep di Padova, coinvolge persone a rischio di esclusione sociale lungo tutte le fasi della produzione, dalle attività in pieno campo alla preparazione e consegna delle cassette di verdura. Promuove il valore del cibo buono e sano, quello della persona e della comunità inclusiva nata attorno ad esso. Si coltivano prevalentemente ortaggi, ma anche frutta e cereali, che vengono poi distribuiti in città attraverso alcuni gruppi di acquisto, stimolando un percorso a stretto contatto con i “consumattori”, i quali attraverso un acquisto consapevole diventano attori di un cambiamento. 

Il progetto “rAccogliamo” nasce proprio per offrire percorsi di inserimento lavorativo a disoccupati e inoccupati nei vari ambiti del settore agroalimentare. Nato nel comune di Solero, in provincia di Alessandria,  il progetto ha come sottotitolo “agricoltura biosociale”, come a voler rafforzare l’interrelazione tra uomo e natura. Attraverso attività di orticoltura, apicoltura, lombricoltura, gli utenti hanno la possibilità di creare una micro-impresa agricola, il tutto nel rispetto del terreno, seguendo la rotazione delle colture e la stagionalità degli ortaggi, biologici e OGM free.

Inoltre, sono nate in questo contesto associazioni come Terre Colte, che recupera terreni abbandonati nel territorio sardo e, attraverso l’inclusione di persone svantaggiate, li trasforma in orti condivisi.
I soci di Terre Colte, oltre a coltivare direttamente il proprio orto, supportano le produzioni di altri soci, prenotando una parte della produzione. Tramite laboratori collettivi, inoltre, insegnano i segreti del mestiere.

Infine, EtaBeta, una Cooperativa sociale di Bologna che offre molti servizi per la comunità. Tra questi troviamo EtaBetaBio, che contribuisce alla creazione di nuovi posti di lavoro destinati a persone in situazione di disagio, grazie alla coltivazione di ortaggi e di cereali. EtaBetaBio infatti dispone di 4 ettari di terreno agricolo destinati alla coltivazione e all’agricoltura sociale. Su questo terreno sorge la casa colonica Zanardi, dotata di un laboratorio di cucina, di aule didattiche e una biblioteca. Qui Eta Beta organizza eventi, incontri e dibattiti aperti per coinvolgere in maniera attiva i cittadini.

Quindi, l’agricoltura diventa una vera risorsa e un bene comune per la comunità, per trasmettere saperi e tradizioni, promuovere stili di vita incontaminati, valorizzare il patrimonio culturale e molto altro ancora che non sappiamo, lasciamo che siano le esperienze future a dircelo.

Abbiamo parlato di Agricoltura Sociale anche qui, nel nostro format Spuntini Circolari

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